Scrivi un racconto seguendo la seguente traccia:
Prendi un particolare della tua vita, estremizzalo e crea una storia d’amore
Come ogni estate stavo trascorrendo qualche giorno di meritato riposo nel paesino della Riviera ligure in cui, da ventiquattr’anni a questa parte, non manco mai di recarmi. Sebbene non possa competere in grazia e bellezza con i borghi e i paesaggi delle vicine Cinque Terre, continua a rimanere per me uno dei luoghi dell’anima, sarà forse per il ricordo della focaccia mangiata da bambina nell’intrico di stretti carruggi, o per la nostalgia di cui si vela tutto ciò con cui la consuetudine ci induce ad aver dimestichezza. In una mattina come tante, di un’estate come tante, ero riuscita finalmente a conquistarmi il mio piccolo lembo di spiaggia, che di anno in anno la risacca del mare assottiglia, a costo di rimanere intrappolata fra una coppia di pensionati fin troppo ciarlieri e un’allegra famigliola di tedeschi con uno stuolo di bambini biondi al seguito. In questa comunissima mattina, mentre ero immersa nella lettura del libro del momento e continuavo a pensare a come non potessi fare a meno di amare quella spiaggia, nonostante l’acqua non fosse certo di una purezza cristallina e il viavai delle barche ormeggiate al molo stesse ormai rendendo la balneazione a riva sempre più difficoltosa, un oggetto pesante mi colpì improvvisamente al centro della schiena, togliendomi il respiro. Mentre vedevo la palla di cuoio rotolare rapidamente a riva e inveivo mentalmente contro i bambini perfettamente biondi, che avevo ingiustamente ritenuto colpevoli, sentii una voce che si profondeva in una serie di scuse «Oh, perdonami, spero che non ti sia fatta male!». La voce era quella di un ragazzo alto e moro dall’aria visibilmente preoccupata. «Beh, tu e i tuoi amici
potreste stare un po’ più attenti! Ma poi come fate a giocare a calcio qui se a stento ci si riesce a muovere?». «Sì, scusami ancora… in realtà stiamo giocando sulla terrazza qua dietro e la palla è scivolata dal parapetto. Non so come farmi perdonare… vuoi unirti a noi?». «Eh? Per giocare a calcio?». «Pensavo di sì…». «Ahahah, mai sentito nulla di più ridicolo». «Non sei sportiva?». «No, per niente». «Capisco… senti, se ti invitassi a cena questa sera accetteresti? Devo pur farmi perdonare in qualche modo…». Inutile dire che l’invito a cena fu presto accettato e che ad esso seguirono altri numerosi incontri, che diventarono sempre più frequenti, culminando in una passione consumata in fretta, così come era nata, forse troppo intensa e perfetta perché potesse permanere a lungo o, semplicemente, essere reale.
Di Carolina Di gioia
0 commenti