Sei ad una festa di Halloween e hai deciso di travestirti da [inserire professione scelta], concordando col partner che indossi un travestimento da [inserire supereroe scelto]. Una volta arrivat* alla festa vai incontro a quella che pensi essere la tua dolce metà, parlandole in maniera sessualmente esplicita. Dopo aver sciorinato una proposta indecente dietro l’altra, scopri che non si trattava affatto del tuo/della tua [inserire supereroe scelto]…

“Non ci voglio andare.”
“Ci andiamo.”
“Dai, ma perché?”
“Perché ci hanno invitati e abbiamo detto di sì.”
“Io non ho mai detto di sì…”
“Smettila.” 

Ci siamo andati, ma non volevo andarci. Neanche lei voleva andarci, ma non è mai stata capace di dire di no alle persone. Il fatto che fosse una festa in maschera peggiorava notevolmente le cose. 
Per rendermi la situazione meno atroce avevamo fatto un patto. Lei si sarebbe vestita nel modo più erotico possibile da Daredevil, cecità, sarcasmo, tutto quanto. Difficile, ammetto, trovarci dell’erotismo in una tuta integrale e un casco rigido che ti copre mezza faccia, ma il vero dettaglio di passione sono le piccole corna. Lei lo sa bene. Vediamo come se la cava.
Io avevo l’obbligo di presentarmi vestito da Professore. Lei ovviamente intendeva quello della Casa di Carta, ma in qualche modo doveva pagare per il fatto che mi stava trascinando aduna festa. Quindi ho preso un bel camice bianco, una parrucca brizzolata decisamente sexy, e mi sono vestito da Professor Oak. Sempre di professore si tratta. Ho  anche una Pokéball, per evitare equivoci. 

Alla festa ci siamo andati separatamente, giusto per gustare appieno il disagio di arrivare in un posto pieno di sconosciuti che bevono e fanno baccano.
E in effetti il caos è assordante, non tanto il rumore quanto la confusione, l’accozzaglia di costumi colorati – orribilmente assemblati in maniera approssimativa – la casa piccola e fumosa, la penombra, la quantità esorbitante di persone. 
Riconosco due amici, mi vedono, faccio un cenno, se la ridono, vado a nascondermi in bagno.
Il bagno è occupato. Da dentro, rumori dubbi. Non ci credo che qualcuno sta già sboccando. 
Poi in fondo al corridoio vedo delle spalle in una camicia bianca. Un culo stretto in pantaloni classici e neri, una cintura di cuoio che accentua i fianchi, una ventiquattrore di pelle, un bastone da cieco e i suoi bellissimi capelli sciolti sul collo.
È in momenti come questo che mi ricordo perché mi sono innamorato di lei. Le chiedo Daredevil e mi dà Matt Murdock. Niente corna, pazienza, ma quell’anonimo completo d’avvocato mi fa scorrere tutto il sangue nei posti giusti. Spero che si sia disegnata anche  un po’ di barba e qualche livido, giusto per assecondare la mia omosessualità latente. Mi avvicino piano, le sbircio i polsi che spuntano dalle maniche e vorrei morderli. Le  sposto un po’ i capelli, le bacio il collo, le sussurro una porcata generica. Poi un’altra, un po’ meno generica. Chiudo gli occhi, l’annuso, la bacio ancora. 
“È nuovo il profumo?” le dico, poi la guardo. 

In un secondo, sono nascosto nella siepe appena fuori dalla porta. Mi nascondo da lei e dalla vergogna annichilente, ma sono pronto a consegnarmi alle forze dell’ordine con  l’accusa di molestie sessuali. Non ho il minimo dubbio. L’unica cosa che mi rimane è fare harakiri sotto gli occhi della povera ragazza molestata, in cerca di redenzione. Lei arriva proprio vestita da Matt Murdock, come nei miei sogni più sporchi, le mie speranze più brucianti. Sento ancora una volta il moto dell’amore che mi pervade, e per un breve attimo smetto di scegliere mentalmente con quale lama dovrò aprirmi lo stomaco.
Con terrore vedo che s’avvicina, alza una mano, fa per aprire la porta. L’afferro e la tiro nella siepe. 
Lei mi guarda con la stessa espressione inorridita della ragazza di prima. Mi accorgo solo dopo che, effettivamente, è la ragazza di prima. 

Un secondo e sono in macchina. Scrivo, amore mio, devo cambiare paese. Ho fatto una cosa orribile. Mi stanno cercando. Ti amo, addio. 

Lei risponde, ma sei coglione? Che cazzo dici? Che hai fatto? 

“Una figura di merda. Due volte”.

Anna


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