Racconta un appuntamento di San Valentino usando la seconda persona.
Il tuo interlocutore sarà un gatto.

Zeus, perché mi guardi così? Vuoi le coccole?
Dai, vieni qui, fatti arruffare il pelo.

Che fatica oggi, che fatica. Ho studiato tutto il mattino, poi sono venuto a Milano in macchina e che traffico, che traffico…! Ma cosa ne vuoi sapere tu, del traffico, che non hai mai aspettato più di cinque minuti per mangiare. Però, sai, questi minuti di attesa sono fantastici: fremo mentre aspetto di abbracciare la tua padrona.
Penso che dovresti trovare una gatta da curare e a cui provvedere con topi e piccioni. A parte il fatto che terresti pulita la zona, la faresti contenta, molto contenta.
Solo che ti hanno castrato. Aia. Sfortunatamente non potrai sentire un fremito su per le palle quando ti passa davanti la Miriam(iao) Leone felina; sono però convinto che te lo terresti, se solo fossi costretto dalla società a festeggiare la festa più macabra ed ipocrita di tutte: San Valentino.

No, non guardarmi così, non mi sto contraddicendo: hai capito che l’amore è bello, dovresti capire che festeggiarlo non è bello. È l’ostentazione forzata a rovinarlo, a renderlo così artificiale e fasullo che se lo potessi capire ti si accapponerebbe il pelo manco avessi visto un Dobermann.
Mi guardi in questo modo come se volessi farmi una domanda, lo capisco: vuoi sapere cosa farò con la tua padrona per San Valentino quest’anno, eh? Sai una cosa? Non te lo dico. È un segreto, sono sicuro che spiffereresti tutto. Anche perché poi creeresti delle aspettative pronte ad essere deluse.

E sapessi che brutte le delusioni per San Valentino: come se da lontano tu vedessi una pinna nella tua ciotola e pensassi di trovare un bel tonno. E che, avvicinandoti, capissi di aver ricevuto solo un piccolo, puzzolente sgombro.

Uno sgombro: ecco cos’è San Valentino.
Dovresti poi sapere quanto è brutto da single, come ne ho passati tanti. Per capirlo, esci dalla finestra, salta sulla pianta, scendila e aggirati per la città: noterai ancor più le coppie di gatti che si leccano il pelo amorevolmente e si fanno le fusa. Ah, quando lo vorresti quello sgombro, vero?
Ti senti solo, ti senti l’unico a non poter usufruire di quello sgombro, a non poterlo addentare; ma fidati: sei in una botte di ferro, lontano dalle finte emozioni.
Ora capisci come possa essermi sentito mentre percorrevo il tratto da Piola a Celoria e vedevo le coppie mentre si cacciavano la lingua nell’esofago? Anche perché proveresti questo sentimento per tutto il giorno; soprattutto alla sera, quando vedi le coppiette che si sorridono sedute ai tavolini del bar. Ti senti uno schifo, un inetto; poi, però, vedi che prendono il cellulare in mano e non si considerano più.
E allora ‘sto sgombro lo vuoi un po’ meno, tanto vale star da soli che ignorarsi.

Capisci perché la odio, questa festa? Non tanto per me, ma per loro: poveri illusi. Che si tengano il loro sgombro.

Tanto tu, che mi capisci, hai intuito che lo sgombro, tornati a casa la sera del 14, lo abbiamo tutti: la coppietta a letto, tu nella ciotola e io in mano.

Davide


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