LOgni scrittore, accingendosi alla stesura di un racconto o di un romanzo, si sarà posto l’annosa questione: «Sarà meglio scrivere in prima, in terza, o addirittura in seconda persona?».
Se la seconda persona è inusuale e destinata a sporadici sperimentalismi (come dimenticare Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino, dove il narratore si rivolge direttamente al lettore?) la prima e la terza persona sono le forme con le quali il narratore è solito esprimersi. Ma vediamo più dettagliatamente ciò che la narrazione in prima persona implica.
Un narratore che si esprime in prima persona è necessariamente un personaggio della storia, solitamente il protagonista, quindi un narratore interno o omodiegetico. L’esposizione dei fatti narrati sarà quindi limitata alla sua personale conoscenza ed esperienza, filtrata dal suo punto di vista, rendendo impossibile adottare l’onniscienza del narratore intrusivo in terza persona. Non è infatti consentito scrivere scene in cui l‘io narrante non è presente, oppure accedere alla psiche degli altri personaggi, ma solo elaborare congetture su eventi e situazioni.
Il punto di forza della narrazione in prima persona consiste nella grande intimità che si crea fra il narratore e il lettore, rendendo spesso la storia più avvincente e coinvolgente. È quindi particolarmente adatta a generi come l’autobiografia, in cui è imprescindibile, al romanzo psicologico, in cui consente al lettore di instaurare un rapporto più empatico con il narratore, e al thriller, in cui permettere un disvelamento graduale della verità, con un conseguente incremento della suspense.
Considerando il punto di vista, bisogna tenere presente che esiste una distanza fra il narratore della storia, detto io narrante, e il personaggio protagonista, io narrato. Anche se di fatto rappresentano lo stesso personaggio, la modalità con cui l’io narrante descrive l’io narrato determina la percezione che il lettore ha di esso.
È il caso tipico dell’autobiografia, in cui l’autore non riporta fedelmente tutta la propria vita, ma una versione frutto di tagli, omissioni e considerazioni personali.
Un altro caso è quello del narratore inattendibile, come Zeno Cosini del celebre romanzo La coscienza di Zeno, che distorce i fatti della sua vita per apparire migliore di quanto non sia. Il narratore inattendibile omette delle informazioni, rendendo oscuri importanti nessi causali, altera la realtà degli eventi, presentandoli dal suo punto di vista e discolpandosi spesso agli occhi del lettore, e applica la “distorsione del giudizio”, ovvero modifica il giudizio che ha di sé e degli altri personaggi.
Un narratore di questo tipo destabilizza il lettore, inducendolo a rapportarsi alla storia con occhio critico e attento, ma rende la narrazione più intrigante e movimentata.
Che dire, in attesa che scegliate la forma narrativa più consona per vostro narratore, vi auguriamo di scrivere e sperimentare!
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