Tutti conosciamo il Decameron, l’abbiamo letto e studiato a scuola ma, visto che sarà fonte di ispirazione per il nostro prossimo contest, rinfreschiamo un po’ la memoria insieme! 

Dico adunque che già erano gli anni della fruttifera Incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia città di Fiorenza, oltre ad ogni altra italica nobilissima, pervenne la mortifera pestilenza […]. 

Il Decameron è a tutti gli effetti una delle opere più importanti del Trecento europeo, nonché capostipite della letteratura italiana in prosa.

Scritta probabilmente fra il 1349 e il 1531 o il 1533 da Boccaccio, l’opera si presenta come una raccolta di cento novelle, legate fra loro da una cornice narrativa, in cui si narra la storia di dieci giovani, sette ragazze e tre ragazzi, che durante la peste nera del 1348 si rifugiano nel contado fiorentino per sfuggire al contagio. Questa brigata di giovani decide di trascorrere questo lasso di tempo all’insegna della cortesia e della liberalità, fra canti, balli, giochi e, in particolare, raccontando ogni giorno una novella a testa. Ogni giorno viene eletto il re o la regina della giornata, a cui spetterà il compito di scegliere il tema della giornata in questione.                    

Il Decameron trae il suo nome dal greco déka “dieci” e hemerón, genitivo plurale di heméra “giorno”, quindi letteralmente “di dieci giorni”, “opera di dieci giorni”. Il titolo è inoltre un rimando all’Exameron “di sei giorni” di Sant’Ambrogio, una riformulazione in versi del racconto biblico della Genesi. Boccaccio intendeva stabilire un’analogia fra la narrazione della creazione del mondo e dell’umanità, narrata dal santo, e la ricreazione dell’umanità, che nella sua opera avviene grazie al novellare dei dieci giovani. Qui si può scorgere la concezione preumanistica di Boccaccio, secondo la quale le humanae litterae hanno la facoltà di rifondare un mondo distrutto e corrotto.  

Con le cento novelle Boccaccio offre una vivida panoramica della società del Trecento, un’epoca in cui l’uomo della nascente borghesia cercava di creare un’armonia fra gli ideali della nobiltà cavalleresca, ormai al tramonto, e la logica utilitaristica del profitto mercantile.  

Il libro si apre con un proemio in cui Boccaccio afferma che l’opera è dedicata a coloro che sono afflitti da pene d’amore, allo scopo di dilettarli con piacevoli racconti e dare loro utili consigli, ed in particolare alle donne, che possono trovare minori distrazioni, poiché a loro sono preclusi gli svaghi concessi agli uomini, come la caccia, il gioco e il commercio. Il tema dell’amore mostra fin da subito la sua importanza e sarà uno degli argomenti centrali delle novelle. 

La concezione della vita morale del Decameron si basa sul contrasto fra Fortuna e Natura. La Fortuna, assimilabile alla Sorte, si configura spesso nelle novelle come un evento inaspettato che sconvolge le vicende in questione, mentre la Natura si presenta come una forza primordiale la cui espressione prima è l’Amore, che domina insieme l’anima e i sensi e che sa ugualmente essere pienezza gioiosa di vita e ma anche fonte di dolore e morte. Vista la natura ancipite di questo sentimento, nell’opera si possono incontrare novelle d’amore che culminano con un lieto fine e novelle che invece terminano tragicamente con la morte di uno dei due amanti. Altro tema presente nel Decameron è quello dell’ingegno umano, che può assumere la forma dell’arguzia, dei motti di spirito, sino a giungere alla beffa nelle novelle più ridanciane. 

Un ulteriore aspetto interessante di quest’opera riguarda la narrazione strutturata su tre livelli. Boccaccio, l’autore, è il narratore onnisciente di primo livello. I narratori delle novelle sono quelli di secondo livello, mentre i protagonisti delle novelle che raccontano a loro volta una storia sono i narratori di terzo livello. 

Fabula e intreccio solitamente coincidono, ma vi sono anche delle analessi. Spesso si possono trovare accelerazioni realizzate tramite sommari o ellissi, oppure rallentamenti creati da digressioni e pause descrittive. 

La lingua del Decameron si adegua ai temi trattati nelle novelle, può quindi variare da un periodare ampio e solenne, ricco di incisi, inversioni e costrutti latineggianti ad uno stile più rapido e incalzante, ravvivato da termini pittoreschi e gergali.  

Ci auguriamo di essere state esaustive e attendiamo le vostre numerose novelle!    


0 commenti

Lascia un commento

Segnaposto per l'avatar

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *