Al tramonto, in autunno, mentre passaggi tranquillamente nel parco, vedi un vecchio passante, che ti riporta alla mente un ricordo lontano. Descrivi questo ricordo soffermandoti sulle emozioni e le sensazioni che ti suscita.
Il profumo delle foglie secche mi accarezza le narici. Desy, la mia cagnolina, si rotola in quel tappeto rosso oro, sollevandolo di tanto in tanto. Fatico a correrle dietro: non sono più una cucciola come lei, ma la sua presenza mi stimola, mi fa uscire dall’abitudine e mi tiene compagnia.
È un’ora strana, questa, in cui non è più giorno e non è ancora sera. Da quando sono in pensione è il mio momento preferito per andare al parco. Mentre lotto con Desy per toglierle di bocca un ramo più grosso del suo muso scorgo un uomo che passeggia. Lo guardo meglio. Mi sembra di riconoscerlo. Sì, il suo profilo, i suoi occhi, la figura, mi sono familiari. Ma è davvero lui? Se è così, mannaggia, com’è invecchiato male! Provo una grande gioia nel rivederlo dopo tanti anni. Poi il dubbio, non sono così sicura. Sono divisa tra l’andare a salutarlo e il timore di una brutta figura nel caso non fosse lui. Mi faccio coraggio e mi avvicino. Si è seduto su una panchina e contempla gli alberi spogli davanti a sé. Il cuore mi batte un po’ per l’emozione.
“Dottor Pelosi? Giovanni?” gli chiedo. Lui annaspa un attimo.
“Maria?” domanda a sua volta. Sì, è lui, e mi ha riconosciuta! Una felicità che non sentivo da tanto pervade dal cuore tutto il mio essere. Si alza, mi siedo al suo fianco.
“Che coincidenza!” esclamo commossa.
“Già” concorda lui, “dopo tanti anni!”
“Eh, tanti!”
I ricordi mi invadono, non sono più nel giardino pubblico ma in luoghi lontani nel tempo, che non esistono più, eppure vividi e veri più della realtà attuale. “Quanto ci siamo divertiti insieme all’Agenzia 8!”
“Erano bei tempi…”
“Certo che lei, Direttore, ci faceva faticare, noi impiegati, e anche correre! Però non ci ha mai mancato di rispetto, è sempre stato un gentiluomo.”
“Ho sempre creduto nella correttezza.”
Ritorno la piccola segretaria piena di sogni e illusioni. Avrei potuto ottenere tanto di più dalla vita, fare la differenza nel mio settore, e invece mi sono accontentata di una borsa Louis Vuitton comprata con la tredicesima a Natale. Il rimpianto, l’amarezza, la malinconia, sono quasi intollerabili. Io e il Direttore rievochiamo aneddoti preziosi.
“Lei non ha mai perso coraggio, erano tempi duri ed è stato l’unico a tenere sulle spalle, a mantenere umanità.” Mi vergogno un po’ a confessare ciò che è rimasto dentro di me fino ad ora. “Nei momenti difficili ho pensato a lei, mi è stato di esempio.”
“Grazie, grazie. È bello essere di esempio ai sottoposti, signora.”
Mi accorgo di essere cambiata. Meno egoista rispetto alla gioventù ma senza quelle inesauribili energie. È un bilancio dolceamaro. Lui invece è rimasto lo stesso. Imperscrutabile, signorile, sulle sue.
“Come sta sua moglie?” non posso trattenermi dal domandare.
“Mia moglie?” ripete. “Mia moglie… mi hanno portato in chiesa e c’era una bara con dei fiori sopra e mi hanno detto che lei era lì.” Gli occhi gli si riempiono di lacrime.
“Che peccato! Una signora così distinta, così fine!”
No, sono sempre la solita ipocrita.
“Fine! Fine!” ripete il Direttore passandosi il fazzoletto sul volto. Desy comincia ad agitarsi ai miei piedi. Il tempo non è infinito, e le occasioni passano, devo essere audace come non osavo esserlo da tanto. Devo domandarglielo.
“Perché poi non è venuto?”
Lui mi guarda interrogativo. Ovvio, ha rimosso. Io no.
“Dopo la festa aziendale, quando mi ha fatto trovare il bigliettino nella borsa e ci siamo baciati. Io quel biglietto lo conservo sempre, non lo posso dimenticare, e nemmeno quello che c’è stato tra noi dopo. Lei aveva promesso che avrebbe lasciato sua moglie e saremmo andati in vacanza insieme. L’ho aspettata tutto il giorno, e poi non l’ho più rivista, mi hanno trasferita.” Fa male ricordarlo, ma devo. “Perché non è venuto?”
Lui riflette un attimo: “Ero giovane e stupido. Adesso non lo farei.” Mi prende una mano e io stringo la sua, grata, ringiovanita. Desy tira il guinzaglio con sempre maggiore veemenza, il buio è più fitto.
“Tornerò domani” prometto, congedandomi dal Direttore. Il futuro mi si apre di nuovo davanti, dopo tanto tempo ho di nuovo uno scopo, speranza, possibilità di vera felicità.
Non vedo un ragazzo che corre dal vecchio ed esclama: “Nonno, non puoi allontanarti così! Chi era quella?”, e non sento la risposta di lui: “È la signora Maria. Mai vista prima.”
Cristina
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