Descrivi il DISGUSTO di un personaggio nei confronti di una o più SECREZIONI UMANE; presta attenzione a mostrare il disgusto senza mai dirlo apertamente.
Avete presente quando dovete andare ad un appuntamento e siete in ritardo? Magari proprio perché siete dei procrastinatori e non avete idea di come pianificare le distanze e i tempi. Scommetto di sì, dai, essere in ritardo è capitato a tutti, siate sinceri.
Magari proprio d’estate, una di quelle estati afose che vi regalano l’emozione di avere tutti i vostri vestiti umidicci attaccati al corpo. Voi uscite di casa tutti lindi, pettinati e profumati e iniziate a incamminarvi velocemente verso la fermata del pullman, no? Ecco, in genere svoltate l’angolo e lo vedete lì, fermo, in anticipo di cinque minuti, il maledetto. Allora comincia il panico e iniziate a correre, mettete da parte tutto il catarro verdastro che il fumo ha accumulato nei vostri polmoni per anni e fate uno scatto. Magari ce la fate anche a prendere il pullman.
Salite, tirate tre boccate d’aria interminabili e vi sedete, finalmente, sul vostro agognato sedile.
Splick. È il rumore che sentite quando vi sedete con i pantaloni corti e le gambe sudate su un sedile di plastica. E poi provate ad alzare le gambe, ma loro rimangono un po’ incollate. Splick. Si staccano. Appoggiate la schiena per bene allo schienale, ma il contatto bagnato con la maglietta è troppo scomodo. Splick. Vi staccate per appoggiare i gomiti sulle ginocchia e respirare meglio.
La vostra canottiera bianca ora vanta degli aloni scuri che ricordano vagamente i continenti. Il bello della canottiera è che mostra benissimo tutto quei grumi gialli che si formano tra i peli sotto le ascelle: il sudore rappreso che ricorda un po’ il casu marzu, il formaggio sardo con le larve: una bomba di formaggio, ma non proprio il massimo da vedere.
Non importa se prendete un fazzoletto e provate a passarlo con insistenza prima sulla fronte, poi sul collo e infine sotto alle ascelle. Quei grumi sono comunque difficili da mandare via. L’unica soluzione è ravanare con la mano destra tra i peli dell’ascella bagnata e staccarli uno ad uno. Poi fare lo stesso con la sinistra.
Etciù. Ecco, ci mancava il raffreddore. Una merda, insomma. Iniziate a tirare su con il naso, no? Chi non lo fa? Sniff sniff, così inizia quella cantilena che tutti conosciamo intimamente. E poi finalmente riuscite a tirare con più forza e – slurp! – il catarro finisce tutto giù in gola. Lo fate una, due volte ma poi vi accorgete che non basta. Avete bisogno di un fazzoletto, ma l’ultimo l’avete usato per asciugarvi le ascelle. Non vi sembra il caso di usarlo anche per il naso. Un bel casino.
Per fortuna avete una canottiera. Prendete il lembo inferiore della maglietta, lo accostate con delicatezza alle narici, vi guardate un attimo intorno per controllare se la via è libera e poi soffiate con forza per lasciar fluire tutto il liquido mefitico che vi ottura le vie respiratorie. Ah, libertà!
Caspita, solo ora vi accorgete che quello che vi è uscito dal naso non è quel catarro bianchino e anonimo, no, c’è un po’ di muco verde qui e là. Cazzo. E c’è anche qualche traccia di sangue, sicuramente dovuta a tutte le volte che vi infilate le dita nel naso. Un bel macello.
Prendete il fazzoletto, pregno di sudore, e lo strofinate con forza sulla maglietta. Certo, distribuire il catarro e il sangue per bene un po’ ovunque aiuta, ma non è abbastanza. Allora avvicinate lentamente la mano destra alla bocca e – ptuh! – depositate una copiosa quantità di saliva sulla mano. Con nonchalance portate la saliva sulla macchia rosso-verdastra che c’è sulla maglietta e la spargete per bene. Per lavare via tutto, no? E se non basta potete anche prendere la maglietta con due mani e strofinare energicamente finché l’impasto verdognolo che si è formato inizia ad andare via. Più lo spargete e meno diventa intenso. Pericolo quasi scampato, dai.
Potete iniziare a guardare fuori dal finestrino e godervi il viaggio. Fantastico.
Mentre passate distrattamente una mano sulla faccia vi accorgete che vi è rimasta della secrezione nasale sui baffi. Se ne sta li, bella incollata come il cemento. E che fare? Mica potete prendere la maglietta adesso, il rischio di sporcarla di nuovo è troppo alto.
Come se nulla fosse vi passate lentamente la lingua sul labbro superiore e sentite che i vostri ispidi peli facciali sono più teneri di quanto ricordiate. Sono ammorbiditi dal muco. Ma solo a destra. A sinistra vi accorgete che sono proprio incrostati, probabilmente c’era più sangue e si è coagulato. Un altro giro di lingua e poi un’energica passata di braccio per togliere il tutto.
Vi sfregate le mani perché sentite la sensazione umidiccia di averle sporche, ed è davvero spiacevole, dai, siate onesti.
E intanto magari il pullman è anche arrivato a destinazione e voi scendete.
“Bella!”
“Oh, finalmente!”
Vi avvicinate ai vostri amici e li salutate con un caloroso abbraccio.
È capitato a tutti, no?
Lorenzo
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