Ambienta ai giorni nostri la storia di Peter Pan, ricordandoti di inserire all’interno della narrazione almeno un’analessi (flashback).
Ho sempre voluto diventare grande, crescere, maturare. Non sono mai stato uno di quei ragazzini che vogliono rimanere giocherelloni e spensierati. Volevo lavorare, avere una macchina, una casa e magari anche una moglie. Non mi sono mai soffermato tanto sulla questione figli, casa e moglie, non perché non desiderassi queste tre cose, ma perché non volevo mettermi fretta: sarei, in tutta calma e tranquillità, cresciuto e diventato un uomo, e non aspettavo altro. Un’ottima premessa per un futuro che non si è mai avverato. È andato tutto storto, è stato tutto maledettamente sbagliato.
Ora vi racconterò come la mia vita è diventata ciò che non avrei desiderato.
Partiamo dal presupposto che durante i miei quattordici anni avevo in testa due cose: l’originalità e il divertimento. Mi spiego: non sono uno di quei vecchietti che mentre ripensa alla sua gioventù, sollevando un lato della bocca in un sorriso compiaciuto e sghignazzante, dice: “Eh, già, da giovane ero proprio un pischello, ho fatto tante di quelle cavolate!”. Io sono il contrario, molto fiero di ciò che ero in quegli anni. Per originalità intendo che non volevo omologarmi. Era… sì, penso fosse il 2019, la maggior parte dei ragazzi della mia età pensava a vestirsi alla moda per piacere alle ragazze, avere gli addominali e andare in palestra per piacere alle ragazze e fumare per piacere alle ragazze, insomma facevamo un sacco di cazzate e cose che non volevamo fare solo per piacere a queste fatidiche ragazze, che saranno mai… Io, come tutti i miei amici, pensavo ad essere l’opposto loro. Certo non è che volessi essere grasso, con vestiti logori e non avere nemmeno una ragazza, ma ero il tipo che mandava lettere, leggeva i classici e studiava molto.
Ma alle ragazze pensavo anche io… Un giorno ne conobbi una. Si chiamava Wendy, veniva nella mia stessa scuola e ne ero perdutamente innamorato. Aveva occhi neri nei quali era talmente facile perdersi e un sorriso così aggraziato, con due fossette ai lati, dal quale era impossibile non essere contagiati.
La farò breve: dopo pochi mesi di corteggiamento la conquistai e ora chiunque si immaginerà una storia felice con un bel finale, sì, un bel finale di merda.
Una storia felice e contenta, durata abbastanza a lungo da essere la cosa a cui tenevo di più. E poi lei mi lasciò.
Eravamo alla festa di Carnevale organizzata dalla compagnia, lei era vestita da bambola, con una camicetta da notte come se ne vedevano nell’Ottocento, mentre io ero vestito da pirata, sapete, le classiche cose… benda, stivali, uncino. Mi prese da parte e mi disse che tra noi non c’era più il sentimento, che non se la sentiva di continuare.
Io, preso dall’ira, tirai un pugno sul muro con la mano uncinata.
Rimasi attaccato al muro tutta la festa, mentre piangevo tutte le mie lacrime e tutti ridevano di me perché, ammettiamolo… ero decisamente esilarante.
Come sapete, quello è stato l’inizio di una storia di tira e molla, amori e disamori, e io e vostra madre Wendy non siamo più felicemente sposati.
Ma dopo quella notte nessuno mi tolse più il soprannome di Capitan Uncino.
Arianna Bordogna
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